Questo articolo fa parte della rubrica #A4mani, rubrica nata per condividere,
perché la prima forma di sostenibilità è noi.
Racconti e prospettive, consapevolezza e sostenibilità nel/del vivere quotidiano.
Oggi, l’esperienza è quella vissuta con Najada Frasheri, chef.
Ristorazione e Sostenibilità: fuori menù o nuovo cliente?
È ottobre, il mare in questo periodo è meraviglioso. Sono con Najada, sentiamo voci in lontananza, un leggero vento che insiste sui nostri volti rivolti all’orizzonte, una luce tiepida che riscalda il ricordo di un’estate che non dimenticheremo, quella del 2020.
È un momento di riflessione, bilancio e semina, urge trasmutare quest’esperienza in un insegnamento.
Lo stile di vita che abbiamo non può essere mantenuto nel tempo, consumiamo più di quanto la Terra possa produrre. Come siamo arrivati a consumare così tanto? Cosa possiamo fare, noi due, per invertire questa tendenza? Che poi è una tendenza o un’emergenza? Ma com’è possibile confondere un’emergenza con una tendenza?
Mi è venuta fame, dico a Najada, questi argomenti creano un certo senso di vuoto, di vertigine
‘Anche a me’
Ti ho già detto che sono in detox?
‘Quindi cosa mangi?’
Solo verdure crude, andiamo al ristorante?
Najada è curiosa, io sono una divulgatrice-provocatrice, quindi è già deciso, si va al ristorante, oggi esperienza estrema!
La mia scelta in fatto di alimentazione può definirsi sostenibile perché consapevole.
Sono consapevole che dal cibo dipendano molti aspetti della mia salute, così prediligo cibo di stagione, da coltivazioni responsabili e non industriali, km zero.
Poi ci sono i temi legati all’ambiente, l’alimentazione che adottiamo è tra le principali cause dell’emergenza climatica, quindi scelgo cibi a basso impatto ambientale e non da ultimo ci sono i temi legati all’etica del lavoro che gira intorno a ciò che mangiamo. Per questo amo la tracciabilità, sapere chi e come lavorano le persone che trattano il cibo che mangio.
Ma oggi sono in detox, la forbice si restringe.
‘Tu, per noi chef, sei un “fuori menù”‘
Ci accomodiamo, chiedo al cameriere un menù di verdure crude e scondite, annuisce gentilmente con il capo, dice che lo chef è a mia disposizione e che troveremo sicuramente qualcosa di mio gradimento. Una sfinge, non lascia trapelare nessuna emozione, molto professionale, ha accettato la sfida, grande!
Gli occhi intelligenti e divertiti di Najada invece parlano chiaro, se la ride sotto i baffi pensando a cosa avrebbe fatto se fossi stata una sua cliente.
Scoppiamo in una risata!
‘Nella ristorazione abbiamo una profilazione di cliente lactus free, gluten free, vegetariano, vegano, si tratta di un cliente che è sempre presente in ogni gruppo, evento, festa, catering, anche di dieci persone. Noi chef lo ignoriamo, per noi è un “fuori menù”, ma c’è, esiste.
I fuori menù, oggi, sono persone che vanno dai 30 ai 50 anni, i clienti che spendono di più e la maggior parte dei ristoranti non ha una proposta soddisfacente per questa nuova clientela e comunque si tratta di una proposta che non è confrontabile alla proposta fatta agli onnivori.
Questo significa anche perdere la vendita, scegliere di incassare di meno perché questo cliente tenderà a scegliere due contorni invece di due portate principali.’
Le generazioni native digitali sono anche native ecologiche, in molti considerano la carne un tabù e queste persone saranno i nuovi clienti ai quali rivolgersi tra pochi anni, un futuro che potrebbe essere più prossimo di quanto pensiamo.
Per me questa attività di sensibilizzazione è diventata una missione.
Per lo stile di vita che conduciamo siamo spesso costretti a mangiare fuori, anche quando non vorremmo.
Cari chef, è arrivato il momento di prendere in considerazione il fatto che anche un onnivoro possa desiderare un piatto totalmente vegetale, ma proteico.
Arrivano i piatti!
Per me un benvenuto dello chef a base di sedano con riduzione di agrumi, segue un antipasto di carote crude da pinzimonio e un’insalata di rucola, porcini e frutta secca!
Hanno vinto la sfida!
Najada immagina come sarebbe stato questo pasto se fosse stato consumato da una coppia, un onnivoro e un vegano che non vogliono andare in ristorante specializzato, ma scelgono un ristorante che amano.
Per lei condividere un pasto è molto più che mangiare, il suo amore e la sua passione per il cibo la spingono a esaminare l’esperienza da punti di vista a me sconosciuti.
‘Mangiare… non è soltanto un gesto per sfamarsi per sopravvivere. Dal momento in cui ci sediamo affamati, con qualcuno o da soli, si scatena un’emozione inconscia animale, se vogliamo, di bisogno di amore, di coccola.
Un’esigenza di armonico benessere. Dove profumi, colori, musiche, toni dei camerieri, la velocità con cui si avvicinano e allontanano da noi, contribuisce a riempirci di energie positive o negative che ci accompagneranno per il resto della giornata.
Per poi parlare del cibo. Se condiviso dona più benessere. Così come vedere appagato chi ci siede accanto: non importa se partner o collega, quello è un momento di lusso facile. È un modo di scambiarsi energie, di fusione, perché mangiare è come fare l’amore.’
Najada mi ringrazia per questa esperienza, giura che avrà sempre una scelta totalmente vegetale per i suoi clienti.
non capita poi tutti i giorni di avere una chef e una detox allo stesso tavolo!
Certo oggi non abbiamo salvato il mondo, ma ci piace pensare che qualcosa stia cambiando, soprattutto in noi.
Grazie anche a te Najada, per la tua prospettiva e la tua promessa: ti seguiremo!
Najada Frasheri con Giovanna Giuliani